venerdì 4 novembre 2011
Agrigento. Metti una sera al Rabato
Metti una sera al Rabato. Le luci accarezzano i vicoli, il campanile di Santa Croce e la gente lieta in piazza. E non fai appena in tempo a lasciarti avvolgere da questa atmosfera surreale che un violino ti invita tra le scale della Chiesa a tacere dentro di te e ogni discussione con gli altri per ascoltare solo il suo richiamo suggestivo. Subito dopo è una chitarra che impone a tutti di guardare sù, dove sopra un balcone, con le tendine bianche chiuse e con la vecchia casa in penombra, s’è affacciato un giovane con la sua chitarra ed ha una romanza per la sua cara da farti sentire e tanti tormenti da condividere con te. Ma fai appena in tempo a capire come è andata a finire quella love story di un secolo fa che un contrabbasso e un sassofono ti strappano via per riportarti dinanzi al frontone della settecentesca chiesa, su frequenze più terrestri ed attuali. Sui ciottoli della salita che conduce in cima alla Collina di Atena e al Duomo, sotto le finestre delle case dei contadini, una soprano ti invita alla mestizia e alla speranza di giorni migliori. E se sei di gusti forti arrivano i tammurinari a romperti i timpani con la Diana di San Calò e non comprendi più dove comincia il sacro e dove finisce il profano, ma poco importa, sai di certo che è una bella serata quella che stai vivendo con gli artisti agrigentini nel cuore del vecchio Rabato, il quartiere arabo della tua Girgenti. Nei quattro angoli di piazza Santa Croce ascolti poi le letture delle novelle di Pirandello, che raccontano di uomini e donne passati per queste strade in altri tempi. Ascolti poi i ricordi degli storici locali che hanno descritto la vita della gente anche con ironia, ma sempre con rispetto. E finita la serata tutti a mangiare ceci in brodo, pani “cunzatu” e vino a volontà, tutto biologico, perché la vita in una serata come questa non ammette adulterazioni. Così è andata, nella piazza Santa Croce, la manifestazione “Luci al Rabato”, voluta da un pugno di amici, operatori culturali, artisti, mamme e giovani precari che condividono insieme una speranza: ridare vita a luoghi della memoria che il tempo non vuole cancellare, ma chi avrebbe dovuto custodire ha invece dimenticato e abbandonato. Un esempio, la serata svoltasi dinanzi alla bella Chiesa di Santa Croce, di come ad Agrigento esiste ancora un’esperienza comunitaria, una società civile che sa riappropriarsi dei suoi spazi e valorizzarli semplicemente per viverli in pienezza e con il massimo gusto dello stare insieme, del condividere ciò che è bello, senza scopi di lucro, senza interessi strani. Alla fine tutto è stato smontato dai volontari: i palchi, le luci, le apparecchiature. Ma quelle pietre una volta tanto hanno rivisto pagine di storia e di arte che avevano dimenticato e dal cuore della gente che ha vissuto queste ore della sera a Santa Croce nessuno può “smontare”, strappare una nostalgia e forse anche un proposito: l’impegno a ridare bellezza ai luoghi dei padri, perché la bellezza è lo splendore della verità e la verità abita i vicoli e i campanili, oggi, ad Agrigento, più che i palazzi del potere e i salotti dei benpensanti. Metti una sera al Rabato e trovi il cuore vero di Girgenti e dei suoi figli.
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