venerdì 20 novembre 2009

Assolti i sette pescatori tunisini

* Assolti i sette pescatori tunisini

Ad attendere nell'aula sette del Tribunale di Agrigento c’erano i militanti di Borderline Sicilia, di Amnesty internazional, dell’Arci, l’Asgi, la rappresentante dei tunisini in Sicilia e i membri di altre organizzazioni umanitarie che da tre anni seguono la vicenda dei sette pescatori tunisini incarcerati e messi sotto processo per un “delitto di solidarietà”: l’8 agosto del 2007 salvarono la vita a 44 migranti (tra i quali anche donne, bambini e anziani) a bordo di un gommone alla deriva nel bel mezzo del Canale di Sicilia.
Alle venti e trenta finalmente, dopo quasi cinque ore di camera di consiglio, è stata letta la sentenza: i giudici della sezione penale hanno assolto i sette pescatori. Era infondata l’accusa per la quale avevano pagato con 32 giorni di carcere il loro eroico gesto di salvataggio. Non hanno favorito l’immigrazione clandestina. Ma i due comandanti delle due imbarcazioni sono stati condannati a 2 anni e 6 mesi di reclusione per i reati di violazione del codice di navigazione avendo compiuto resistenza a nave da guerra (sic!) e resistenza a pubblico ufficiale, due considerazioni suppletive che erano state avanzate in seconda istanza. I due condannati sono Abdelkarim Bayoudh di 49 anni e Abdelasset Zenzeri di 27 anni. Prosciolti invece Mohamed Baydoudh di 20 anni, Brahim Hamza di 21 anni, Kamel Kalifa Ben di 50 anni, Lassaab Gharred di 27 anni e Ben Hayadi Abdelwahed di 26 anni. Al termine della requisitoria, i pubblici ministeri Santo Fornasier e Maria Antonia Di Lazzaro avevano chiesto per tutti e sette i pescatori la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione. Di diverso avviso erano stati gli avvocati della difesa, Leonardo Marino e Giacomo La Russa, i quali avevano invece chiesto l’assoluzione dei loro assistiti. “Questa sentenza mi sembra piuttosto contraddittoria, ma devo leggere le motivazioni - dice il docente universitario Fulvio Vassallo Paleologo, dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione –, anche rispetto a quello che è emerso durante il processo. Ci sarà sicuramente un appello e noi siamo vicini ai pescatori tunisini, che hanno compiuto un atto di eroismo. L’esito di questo giudizio temo possa avere un effetto-annuncio molto negativo per altri pescatori che dovessero trovarsi nella stessa situazione e probabilmente rifletteranno, molto, molto e molto prima di intervenire, come abbiamo visto anche quest’estate con i naufraghi eritrei rimasti in mare per diversi giorni. Alcuni sono morti perché i pescatori non sono intervenuti”. Per l’avvocato difensore Leonardo Marino “è caduta l’accusa più infamante, ossia quella di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Riteniamo che non sussista l’accusa di resistenza a nave da guerra in quanto in quel giorno c’era una situazione di emergenza, uno stato di necessità che abbiamo cercato di dimostrare. Pertanto non ci fermeremo qui, faremo appello”.
La presidente dell’organizzazione umanitaria Borderline Sicilia, Judith Gleize, sostiene che “il salvataggio in mare è stato considerato un reato dal tribunale di Agrigento”. I sette pescatori si trovano attualmente in Tunisia, nel villaggio di Teboulba. Dopo quella vicenda hanno perso il lavoro, gli sono stati sequestrati i brevetti e i documenti, le imbarcazioni abbandonate al degrado e solo adesso ottengono giustizia e la restituzione dei mezzi. “Questa vicenda ha prodotto l’effetto di dissuadere molte imbarcazioni da pesca dal compiere interventi di salvataggio. Numerosi migranti, giunti fortunosamente sulle nostre coste, hanno raccontato di imbarcazioni che non si fermavano per il soccorso, mentre a bordo dei 'barconi' la gente moriva di stenti”, ha ricordato Germana Graceffo di Borderline Sicilia.

questo articolo è stato pubblicatosul sito del quotidiano il manifesto giovedì 19 novembre 2009

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