domenica 15 giugno 2008

agrigento:acqua:“Mamà! Quannu tocca l’acqua?”

abbiamo "rubato" dal blog "alle sette nientedimportante" questo bellissimo post

http://tasti.wordpress.com/2008/06/13/agrigento-ricordi-dacqua/


Agrigento: ricordi d’acqua
Avevo 6 anni, ero arrivata dopo un viaggio di due giorni, un avventura il treno e le soste nelle stazioni, i nasi schiacciati contro il finestrino, la traghettata e poi la campagna agrigentina, il treno sempre più lento e finalmente casa!
A 6 anni ero in grado di lavarmi da sola a Cassano d’Adda, mamma interveniva per migliorare i risultati ma insomma me la cavavo bene da me… mi accompagnò in bagno per dirmi come fare.
Una bacinella bianca ed una caraffa. Il bidone di 5 litri che così potevo servirmi da sola. Riempi la caraffa e “con una mano versi l’acqua nell’altra mano e ti sciacqui il viso”. “L’acqua deve cadere nella bacinella che va svuotata in questo secchio per la raccolta dell’acqua da utilizzare come acqua da scarico dopo che sei andata in bagno…”
eeeehhhh??????
“… e il bagnetto?”
“no, il bagnetto quando viene l’acqua.”
“e quando <> l’acqua?”
“Mamà! Quannu tocca l’acqua?”
“Du simani”
Due settimane.
Ho sempre pensato di iniziare da qui il racconto della mia vita, non so bene perché, capisco che c’è un umiliazione che vuole essere raccontata, ho scritto cento volte quest’inizio e non sono mai riuscita a rendere quei momenti, quella voglia di piangere, quella fine del bel gioco di andare a vivere per sempre al mare. Così tanta acqua nel mare.
Tre caraffe d’acqua per fare una doccetta. In piedi dentro alla bacinella dentro la vasca.
L’autobotte si fermava sempre troppo lontana dal buco di ingresso per la maniglietta d’acqua, almeno due imprecazioni dell’autista per il recinto che andava abbattuto se volevamo che tornasse di nuovo a venderci l’acqua, mia madre contrattava, l’autista diceva che il prezzo non lo stabiliva lui e che se volevamo potevamo andare a lavarci a mare .
I cugini del nord ci guardavano come fossimo una banda di miserabili, venivano per 20 giorni e si facevano la doccia ogni volta che tornavano dal mare, mamma diceva che non li avrebbe invitati più. Aveva rotto tutti gli scarichi per l’occasione almeno così li costringeva a non sprecare acqua pulita per una pipì.
Il fontaniere è un mestiere pericoloso. Il fontaniere decide chi ha l’acqua e chi no, ma non può deciderlo di testa sua, il fontaniere deve rispettare i turni che dà il comune. Quando il turno salta non viene recuperato e se il turno è di 20 giorni significano 40.
Non so, forse due i fontanieri ammazzati, per questioni d’onore dicono i giornali, per mafia dicono le voci.
Sull’Espresso scopro che esiste una mafia dell’acqua ed è quella più potente nell’agrigentino.
Leggo che l’acqua c’è.
Ero adolescente quindi… anni ‘80. Da adolescente leggo che l’acqua ad Agrigento c’è e che ci fanno vivere come fossimo in guerra perché c’è una mafia che controlla l’acqua, i pozzi, la distribuzione, la vendita.
Credo che sia stato quello il motivo di tutto, forse per questo è dall’acqua che voglio far iniziare la mia storia, perché ho letto l’articolo e mi sono incazzata, perchè sino allora era stato che non c’era acqua e non potevo incazzarmi perchè non c’era acqua, anche se non potevo fare la doccia ogni giorno, non potevo lavare i piatti sotto l’acqua corrente, non potevo più nemmeno fare il bagno perchè la vasca serviva come contenitore d’acqua supplementare.
Iniziai a leggere. Picone che cercava il fiume sotterraneo di Agrigento e… bho, diventa un politico, inaugura un acquedotto che porta l’acqua da un altro paese dell’agrigentino e insieme fa costruire un giardino botanico e mica lo capisco ancora oggi perché si possa pensare di impiantare un giardino botanico in una città assetata…
e l’acqua che inonda le vie della città, come se ci fosse acqua nel sottosuolo…
E di nuovo oggi manca l’acqua. Pare che avere una rete idrica che fa … acqua da tutte le parti non giovi all’approvviggionamento idrico… ogni amministrazione spende per mettere le toppe e non ce la fa nessuno, ogni amministrazione spende per dissalatori ed acquedotti e dighe e niente, non ce la facciamo ad avere acqua nelle case.
Anni ‘80, un articolo sull’Espresso, lì capii che la mafia era dentro le mie giornate, da quando mi svegliavo a quando andavo a fare pipì, dentro la mia intimità, dentro i miei momenti, i miei gesti, le mie necessità fisiologiche.
Allora non lo capii quanto fosse stato importante aver avuto quell’informazione, lo capisco oggi però, oggi lo capisco fino in fondo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

... mi piace sopratutto il titolo che hai scelto di dare al post, mille grazie per il "furto".
Un caro saluto,
Tasti